Fin dall’inizio della pandemia, le mascherine sono state uno degli strumenti fondamentali per contrastare la diffusione del coronavirus. La domanda è cresciuta in breve tempo, sono diventate quasi introvabili. E i Paesi hanno fatto le corse per acquistare le scorte di cui necessitavano. Oggi sono più facilmente reperibili, tuttavia l’accelerata sugli approvvigionamenti per coprire questo enorme fabbisogno ha avuto un effetto collaterale: nella marea di dispositivi di protezione individuale arrivati dall’estero, sono finiti anche prodotti irregolari, con certificazioni fasulle. Di questo e tanto altro abbiamo parlato con Fabio Manto, Marketing & Communication Director di Clariscience, società di consulenza in ambito medicale specializzata anche in consulenza nell’ambito della certificazione dei dispositivi medici.
Come nasce Clariscience e che sviluppo ha avuto l’attività dall’inizio emergenza Covid-19?
Clariscience è nata nel 2013 dalla volontà di tre soci: un biologo con una lunga esperienza nell’industria dei dispositivi medici come responsabile affari regolatori e direttore scientifico, un clinico ed un marketer. Come soci fondatori avevamo individuato un gap nella catena di formazione (e trasmissione) del valore caratteristico del settore dei dispositivi medici. Il fabbricante di dispositivi medici deve raccogliere una quantità impressionante di dati e informazioni relativi ai propri dispositivi. Già dalle prime fasi della ricerca e sviluppo, infatti, iniziano ad accumularsi informazioni di svariata natura che vengono poi integrate dai risultati delle prove per dimostrare efficacia e sicurezza del prodotto. A questi si aggiungono poi i dati clinici necessari per potere immettere il dispositivo in commercio, siano essi derivanti da ricerche bibliografiche o da studi clinici pre-market. Il dispositivo poi è immesso in commercio e gli obblighi di sorveglianza post-market implicano che anche in questa fase siano raccolti dati, sia di natura non clinica che clinica. Nel complesso, si può affermare che l’intera vita di un dispositivo è accompagnata da un flusso costante di informazioni che riguardano il dispositivo stesso. La maggior parte di questi dati è raccolta per ottemperare agli obblighi di legge che si protraggono anche dopo la prima introduzione del dispositivo sul mercato. I dati raccolti hanno, molto spesso, un potenziale che è decisamente inespresso; essi possono, infatti, dire molto dei dispositivi relativamente ai quali sono raccolti… sempre di saper come fare. Una lunga storia per introdurre Clariscience che ha tra i suoi scopi principali quello di fornire servizi di comunicazione specialistici al settore medicale (con un occhio particolare al mondo dei DM) lungo uno spettro molto ampio: assistenza alla redazione di paper scientifici, case report, schede tecniche, testi divulgativi e articoli verticali, brochure tecniche, video, tutorial, ecc… passando per la necessaria interazione e (spesso) gestione degli opinion leader. Una seconda business unit di Clariscience offre servizi di assistenza regolatoria e quality assurance al settore dei medical device. In questo senso, Clariscience è un hub di competenze che offre servizi RA/QA e di comunicazione scientifica, tutto sotto uno stesso tetto; una sorta di one stop shop per fabbricanti e distributori di DM.
Quali sono i servizi che fornite alle aziende in ambito medico, in cosa consiste il vostro supporto?
Clariscience offre servizi sostanzialmente in due aree operando con due business unit: comunicazione scientifica; affari regolatori e sistemi di gestione per la qualità per il settore dei dispositivi medici. I servizi dell’area Comunicazione Scientifica sono dedicati all’intero mondo lifescience: biomedicale, farmaceutico, medical device, nutraceutico ecc. Ovunque ci siano dei dati relativi ad un prodotto, a un farmaco, a un device, Clariscience si occupa di trovare il modo di comunicarlo in modo efficacie. Nella pratica questo consiste nello strutturare una strategia/piano di comunicazione e nella creazione di contenuti (brochure tecnico/scientifiche, video, case report, ecc.). Un gruppo di medical writer con specializzazione in una gamma davvero ampia di specialità mediche (dall’ortopedia alla cardiologia, dall’odontoiatria all’oftalmologia, dalla proctologia alla neurologia) si occupa della scrittura di paper scientifici destinati alla pubblicazione su riviste impattate e indicizzate. L’unità assiste con i suoi servizi di medical writing, anche con un servizio di analisi statistica, aziende di ogni dimensione, dalle piccole del territorio alle grandi multinazionali, collaborando anche con opinion leader di fama internazionale. L’unità che si occupa di affari regolatori offre i suoi servizi, in modo esclusivo e altamente specializzato, al settore dei dispositivi medici e IVD. Il gruppo di lavoro si avvantaggia della prossimità dell’unità di comunicazione scientifica così da offrire un servizio combinato che nessun’altra azienda di consulenza è al momento in grado di offrire. Clariscience annovera tra i suoi clienti aziende del settore biomedicale in modo pressoché esclusivo, con l’eccezione costituita da alcuni clienti in aree contigue: cosmetica e nutraceutica.
Fin dall’inizio della pandemia, le mascherine sono state uno degli strumenti fondamentali per contrastare la diffusione del coronavirus, nella marea di dispositivi di protezione individuale realizzati sono finiti anche prodotti irregolari, com’è al momento la situazione?
L’evento pandemico ha avuto un impatto considerevole su di noi in termini di gestione delle risorse umane. Come tutti gli imprenditori, abbiamo dovuto fare i conti con la necessità di continuità per garantire sicurezza e serenità ai nostri dipendenti e ai nostri clienti. In questo senso abbiamo riorganizzato il lavoro, ricorrendo al lavoro agile e dividendo i gruppi di lavoro. Il personale ha risposto con grande senso di serietà e impegno. Il settore dei dispositivi medici (come sottoinsieme del più ambio mondo medicale/life science) è tra quelli che ha risentito in modo meno grave della pandemia. O meglio, esistono aree che hanno conosciuto forti rallentamenti se non crisi (si pensi al mondo del dentale, ad esempio), altri che hanno continuato a “funzionare” o a crescere. In quanto consulenti, il nostro modello è sufficientemente sicuro, annoverando tra i nostri clienti realtà che hanno rallentato (poche) e altre che hanno continuato a funzionare in modo quasi regolare. Una delle ragioni per cui succede ciò è, secondo noi, l’elevato livelli di internazionalizzazione della maggior parte dei nostri clienti. Essere internazionalizzati vuol dire, chiaramente, che laddove un mercato rallenta o va in crisi, c’è n’è un altro che farà registrare prestazioni migliori. Tornando alla nostra esperienza, abbiamo registrato una buona crescita, superando la soglia del milione di euro (corrispondente a 20%+ sul fatturato dell’anno precedente). Questa crescita la consideriamo di natura organica, conseguenza delle nostre scelte imprenditoriali e non dovuta all’emergenza Covid 19. Se è vero che abbiamo lavorato non poco per assistere da un punto di vista RA/QA (ma prima ancora da un punto di vista di consulenza strategica) molte aziende, è altrettanto vero che molti contati si sono trasformati in nulla di fatto e che – per scelta etica – abbiamo scelto di lavorare applicando prezzi calmierati quando si trattava di consulenza legata all’emergenza. Il nostro punto di vista non è particolarmente privilegiato per poter dare una risposta su come sia la situazione. È vero che nel tempo ci è capitato di visionare documentazione che ha sollevato in noi più di qualche dubbio (tanto da suggerire al cliente di non procedere con lo specifico fornitore), ma è anche vero che a noi si rivolgono imprenditori virtuosi o comunque interessati a importare DPI assolutamente regolari… altrimenti non si affiderebbero certo a noi!
Con il decreto Cura Italia possono essere venduti DPI senza marcatura CE, cosa comporta questa specifica?
Durante l’emergenza il decreto Cura Italia ha introdotto una deroga al rispetto delle norme vigenti per velocizzare l’immissione in commercio di DPI ad uso medico da usare strettamente in ambito sanitario e che resterà in vigore fino alla fine dello stato di emergenza. Il risultato è che possono essere venduti DPI senza marcatura CE e senza riferimento all’organismo notificato certificatore. La deroga, però, riguarda solo le tempistiche e prevede comunque il rispetto degli standard tecnici e di qualità previsti dalla norma EN 149:2001 + A1:2009. Infatti, i filtranti facciali prodotti in deroga possono essere venduti in ambito sanitario solo se i produttori autocertificano l’aderenza alle norme tecniche previste, mandando i documenti di prova all’INAIL, che una volta ricevuta la documentazione, ne autorizzerà la commercializzazione in ambito sanitario. Il sito dell’INAIL ha una pagina dedicata al tema, dove è possibile verificare gli elenchi dei DPI validati.
Come si riconosce una mascherina chirurgica certificata da una contraffatta e quali sono i rischi dell’acquisto online?
Mentre prima si parlava di DPI, ora parliamo di DM. Le mascherine chirurgiche, per legge, sono classificate come dispositivi medici. In quanto dispositivo medico, le mascherine chirurgiche devono assicurare non solo il rispetto della normativa generale dei dispositivi medici (Dir. 93/42/CEE) ma anche soddisfare i requisiti imposti dalla norma tecnica EN 14683, che ne delinea le prestazioni minime in termini di efficacia filtrante e respirabilità. Sulla confezione devono essere presenti alcune informazioni. Il marchio CE viene apposto sul prodotto a garanzia del rispetto delle norme vigenti (Direttiva 93/42/CEE o Regolamento UE 2017/745). Riferimento EN 14683:2019: la confezione riporta il riferimento alla norma EN ISO 14683:2019. Questo è il riferimento alla norma tecnica che stabilisce i requisiti minimi di capacità filtrante e respirabilità delle mascherine ad uso medico. (indicazione del tipo di maschera: Tipo I, Tipo II o Tipo IIR). Il rispetto della normativa impone che sulla confezione delle chirurgiche sia riportato: il fabbricante, cioè chi le ha prodotto o le ha fatte produrre a terzi, con sede in UE; se del caso, il mandatario, cioè l’azienda in territorio UE che rappresenta un produttore extra-UE. Con questi dati, insieme al nome commerciale della mascherina, si può anche verificare la presenza del dispositivo nella banca dati dei dispositivi medici del ministero della Salute. Per i fabbricanti italiani (e per i fabbricanti extra-UE con mandatario italiano) è obbligatorio registrare i dispositivi medici in banca dati per immettere il prodotto sul mercato italiano. Qualora il fabbricante o il mandatario abbiano sede in un altro Stato membro non è però obbligatoria la registrazione trattandosi di un DM di classe I, per cui non è detto sia presente in banca dati. Se si acquistano le mascherine chirurgiche direttamente dal fabbricante (per importazione o distribuzione) si può poi richiedere la dichiarazione di conformità nella quale il fabbricante dichiara la conformità del prodotto alla legislazione di riferimento.
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