Michele Milella è Professore Ordinario di Oncologia medica dell’Università di Verona e Direttore del Dipartimento di Oncologia medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Il prof. Milella sarà uno degli ospiti di Innovabiomed 2021 (2-3 luglio, Veronafiere) ed in particolare modererà la tavola rotonda dal titolo “Salute e sanità fra umanesimo e tecnologia: scenario pubblico-privato, aspetti assicurativi e finanziari, visioni futuribili, temi etico-religiosi” in programma sabato 3 luglio alle ore 9,00. Il recente studio pubblicato su Nature Nanotechnology sull’efficacia di un nuovo impianto biomedicale – chiamato microMESH – per il trattamento del glioblastoma multiforme è l’occasione per intervistare il dottor Milella sulle recenti innovazioni legate alla nanomedicina di precisione. Il lavoro è stato realizzato dal gruppo del prof. Paolo Decuzzi, a capo del Laboratory of Nanotechnology for Precision Medicine dell’IIT, in collaborazione con il Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali Neurali dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano di cui è responsabile Rossella Galli, e del gruppo del prof. Gerald Grant del Lucile Packard Children’s Hospital dell’Università di Stanford.

 

Prof. Milella, qual è il contributo che le recenti innovazioni riguardanti la nanomedicina di precisione possono apportare nel combattere il glioblastoma?

“Il lavoro realizzato dal gruppo del Prof. Paolo Decuzzi è interessante e molto importante, parte di una progettualità più ampia, che fa riferimento all’ Istituto Italiano di Tecnologia, voluto proprio per promuovere innovazione tecnologica nella ricerca biomedica. Nello specifico, questo lavoro è molto importante perché sfrutta una particolare tecnologia, una microscopica rete che è in grado di rilasciare farmaci che, altrimenti, non riuscirebbero ad arrivare a dove devono arrivare a livello celebrale. Queste micro reti sono proprio pensate per superare questo tipo di problema. I farmaci testati sono tradizionali, ma rilasciati in loco e ad alta concentrazione consentono di contrastare la malattia, una prospettiva molto interessante. I pazienti che hanno patologie di questo tipo vengono subito operati per cui, quando sarà possibile questo approccio, a fine intervento si posizionerà questa micro rete a rilascio controllato di farmaci che poi farà quello che deve fare”.

 

 

Tra Roma e Verona sull’argomento avete fatto un lavoro importante.

“Questo argomento più ampio dell’utilizzo delle nanotecnologie in oncologia, in realtà, comprende tanti diversi aspetti, proprio perché uno dei problemi che abbiamo è di far arrivare il farmaco giusto, nella quantità giusta, nella sede del tumore e non in altre sedi. Le nanotecnologie si stanno utilizzando anche in tanti altri campi. In un lavoro che abbiamo recentemente pubblicato, con la collaborazione tra il gruppo CNR di Roma e l’Università di Verona, il concetto è diverso, sono nanoparticelle di ferritina che tendono a concentrarsi nel tumore e possono essere caricate con farmaci chemioterapici, o di altro tipo. Si è dimostrato che somministrando endovena queste nanoparticelle in animali da esperimento che avevano tumore al pancreas, il farmaco andava a concentrarsi all’interno del tumore e uccideva le cellule tumorali, risparmiando quelle sane. Oltre a questo, ci sono anche tanti altri approcci. Alcuni di questi farmaci basati sulle nanotecnologie sono già in clinica, in particolare al tumore al pancreas”.

 

 

Legati a questo tipo di studi e di innovazioni, che importanza hanno la ricerca, l’innovazione e l’evoluzione sui dispositivi medici?

“Ci sono alcuni approcci che sfruttano la possibilità di iniettare qualcosa nell’apparato circolatorio che poi spontaneamente vada a focalizzarsi a livello tumorale. Ci sono, però, anche tanti altri approcci nei quali sono necessari o un impianto oppure strumentazioni che possano dall’esterno dirigere le particelle e identificare con precisione il bersaglio tumorale da colpire. Alcuni di questi approcci sono utilizzati già oggi in clinica per fare, ad esempio, delle radioterapie molto più mirate. Su questo la tecnologia ha fatto passi enormi perché adesso riusciamo a fare trattamenti impensabili fino a qualche anno fa e molto più rapidi e concentrati nel tempo”.